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ALLA SIONORA ERNESTINA V. W .
7 Mi ricordo, dunque, moltissimo. Scendevate un pendio vertiginoso, quando Vi volgeste a me con queste parole : « Crede Lei che un'anima possa influire diret- tamente sopra un'altr'anima, senza la parola, senza lo sguardo e senza artificii magnetici ? » « Certo » risposi, cercando un sasso fermo al mio piede. « Perché?> II luogo non mi pareva acconcio a dissertazioni psicologiche, ne risposi finchè il sentiero non ri - piegô a manca dentro un grembo délia costa. < Sarebbe proprio il posto », cominciai, « di rac- contare una storia.... » Parve che non vi curaste di udirla, poichè, rom- pendomi le parole sulle labbra , mi mandaste a cogliere un fiore Ô'arnica montana. Vi portai îl fiore, ora posso confessarvelo , non senza un se- creto dispetto. Quel fiore non era d'arnica ; mi valse uno scroscio di risa argentine e parecchi motti pungenti. Non ebbi, signora, la temerità di pensare che le donne eleganti usano di spilli assai più per trattenere che per pungere. Avevate palesemente il disopra nella scaramuccia di frizzi che ferveva tra noi , quando si giunse all'orlo délia valle , non lungi da quelle due ca- panne appiccicate alla montagna come conchiglie alla rupe. Fu cola che, dato appena uno sguardo al baratro ombroso dove si vedevano biancheggiare