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PARTE. 61

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Canzon, tu non m’acqueti, anzi m’infiammi
  A dir di quel ch’a me stesso m’invola:
  Però sia certa de non esser sola.

CANZONE XIX.

G
Entil mia donna, i’ veggio

  Nel mover de’ vostr’occhi un dolce lume,
  Che mi mostra la via ch’al ciel conduce;
  E per lungo costume,
  5Dentro là dove sol con Amor seggio,
  Quasi visibilmente il cor traluce.
  Quest’è la vista ch’a ben far m’induce,
  E che mi scorge al glorioso fine:
  Questa sola dal vulgo m’allontana:
  10Nè giammai lingua umana
  Contar poria quel che le due divine
  Luci sentir mi fanno:
  E quando ’l verno sparge le pruine,
  Et quando poi ringiovenisce l’anno,
  15Qual’era al tempo del mio primo affanno
Io penso: se lassuso,
  Onde ’l Motor eterno delle stelle
  Degnò mostrar del suo lavoro in terra,
  Son l’altr’opre sì belle;
  20Aprasi la prigion’ ov’io son chiuso,
  Et che ’l camino a tal vita mi serra.
  Poi mi rivolgo alla mia usata guerra,
  Ringraziando Natura, e ’l dì ch’io nacqui;
  Che reservato m’hanno a tanto bene,
  25E lei ch’a tanta spene
  Alzò il mio cor; chè ’nsin allor’io giacqui
  A me noioso, e grave:
  Da quel dì innanzi a me medesmo piacqui,
  Empiendo d’un pensier alto, e soave
  30Quel core ond’hanno i begli occhi la chiave.

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