< Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

P A R T E. 133

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu{{padleft:216|3|0]]

SONETTO CXXXV.

A
Mor mi manda quel dolce pensiero

  Che secretario antico è fra noi due;
  E mi conforta, e dice che non fue
  4Mai, com'or, presto a quel ch’io bramo, e spero.
Io, che talor menzogna, e talor vero
  Ho ritrovato le parole sue;
  Non so s’il creda; e vivomi intra due:
  8Nè sì, nè nò nel cor mi sona intero.
In questa passa ’l tempo; e nello specchio
  Mi veggio andar ver la stagion contraria
  11A sua impromessa, e alla mia speranza.
Or sia che può: già sol'io non invecchio:
  Già per etate il mio desir non varia;
  14Ben temo il viver breve che n’avanza.


SONETTO CXXXVI.

P
Ien d’un vago penser che mi desvia

  Da tutti gli altri, e fammi al mondo ir solo,
  Ad or' ad or' a me stesso m’involo
  4Pur lei cercando, che fuggir devria:
E veggiola passar sì dolce, e ria,
  Che l’alma trema per levarsi a volo;
  Tal d’armati sospir conduce stuolo
  8Questa bella d’Amor nemica, e mia.
Ben, s’io non erro, di pietate un raggio
  Scorgo fra ’l nubiloso altero ciglio;
  11Che ’n parte rasserena il cor doglioso:
Allor raccolgo l’alma; e poi ch’i’ aggio
  Di scovrirle il mio mal preso consiglio,
  14Tanto le ho a dir, che incominciar non oso.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.