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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu{{padleft:251|3|0]]
SONETTO CXCIII.
Del pianger prendo, che del canto presi:
Ch’alla cagion, non all’effetto intesi
4Son’i miei sensi vaghi pur d’altezza:
Indi e mansuetudine, e durezza,
E atti feri, e umili, e cortesi,
Porto egualmente; nè me gravan pesi;
8Nè l’arme mie punta di sdegni spezza.
Tengan dunque ver me l’usato stile
Amor, Madonna, il mondo, e mia fortuna:
11Ch’i’non penso esser mai se non felice.
Arda, o mora, o languisca; un più gentile
Stato del mio non è sotto la luna:
14Sì dolce è del mio amaro la radice.
SONETTO CXCIV.
Quel vivo Sole a gli occhi miei non cela,
Nel qual’onesto Amor chiaro rivela
4Sua dolce forza, e suo santo costume:
Onde e’ suol trar di lagrime tal fiume
Per accorciar del mio viver la tela;
Che non pur ponte, o guado, o remi, o vela,
8Ma scampar non potiemmi, ale nè piume.
Sì profond’era, e di sì larga vena
Il pianger mio; e sì lungi la riva,
11Ch’i’ v’aggiungeva col penser’appena.
Non lauro, o palma, ma tranquilla oliva
Pietà mi manda; e ’l tempo rasserena;
14E ’l pianto asciuga; e vuol’ancor ch’i’ viva.