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192 PRIMA

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SONETTO CCXXVII.

S
Ignor mio caro, ogni pensier mi tira

  Devoto a veder voi, cui sempre veggio:
  La mia fortuna (or che mi pò far peggio?)
  4Mi tene a freno, e mi travolge, e gira.
Poi quel dolce desio ch’Amor mi spira,
  Menami a morte, ch’i’ non me n’aveggio;
  E mentre i miei duo lumi indarno cheggio,
  8Dovunqu'io son, dì, e notte si sospira.
Carità di signore, amor di donna
  Son le catene, ove con molti affanni
  11Legato son, perch’io stesso mi strinsi.
Un lauro verde, una gentil Colomna,
  Quindici l’una, e l’altro diciott'anni
  14Portato ho in seno, e già mai non mi scinsi.


IL FINE DELLA PRIMA PARTE.

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