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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu{{padleft:302|3|0]]
SONETTO CCLXVIII.
Apparve al mondo, et star seco non volse,
Che sol ne mostrò ’l ciel poi sel ritolse,
4Per adornarne i suoi stellanti chiostri,
Vuol ch’i’ depinga a chi nol vide, e ’l mostri,
Amor, che ’n prima la mia lingua sciolse,
Poi mille volte indarno a l’opra volse
8Ingegno, tempo, penne, carte, e ’nchiostri.
Non son al sommo anchor giunte le rime:
In me il conosco; et proval ben chiunque
11È ’nfin a qui, che d’amor parli o scriva.
Chi sa pensare, il ver tacito estime,
Ch’ogni stil vince, et poi sospire: - Adunque
14Beati gli occhi che la vider viva. -
SONETTO CCLXIX.
E i fiori et l’erbe, sua dolce famiglia,
Et garrir Progne et pianger Philomena,
4Et primavera candida et vermiglia.
Ridono i prati, e ’l ciel si rasserena;
Giove s’allegra di mirar sua figlia;
L’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena;
8Ogni animal d’amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso, tornano i più gravi
Sospiri, che del cor profondo tragge
11Quella ch’al ciel se ne portò le chiavi;
Et cantar augelletti, et fiorir piagge,
E ’n belle donne honeste atti soavi
14Sono un deserto, et fere aspre et selvagge.