< Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

SONETTO CCCVIII.

N
On pò far Morte il dolce viso amaro,

  Ma ’l dolce viso dolce pò far Morte.
  Che bisogn’a morir ben altre scorte?
  4Quella mi scorge ond’ogni ben imparo;
Et Quei che del Suo sangue non fu avaro,
  Che col pe’ ruppe le tartaree porte,
  Col Suo morir par che mi riconforte.
  8Dunque vien’, Morte: il tuo venir m’è caro.
Et non tardar, ch’egli è ben tempo omai;
  Et se non fusse, e’ fu ’l tempo in quel punto
  11Che madonna passò di questa vita.
D’allor innanzi un dì non vissi mai:
  Seco fui in via, et seco al fin son giunto,
  14Et mia giornata ò co’ suoi pie’ fornita.


CANZONE XLVII.

Q
Uando il soave mio fido conforto

Per dar riposo a la mia vita stanca
Ponsi del letto in su la sponda manca
Con quel suo dolce ragionare accorto,
5Tutto di pietà et di paura smorto
Dico:"Onde vien’ tu ora, o felice alma?"
Un ramoscel di palma
Et un di lauro trae del suo bel seno,
Et dice:"Dal sereno
10Ciel empireo et di quelle sante parti
Mi mossi et vengo sol per consolarti".
In atto et in parole la ringratio
Humilmente, et poi demando:"Or donde
Sai tu il mio stato?" Et ella: "Le triste onde
15Del pianto, di che mai tu non se’ satio,
Coll’aura de’ sospir’, per tanto spatio

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.