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DELLA CASTITA'. 287

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Sollicito furor e ragion pigra:
  Carcer ove si ven per strade aperte,
  150Onde per strette a gran pena si migra;
Ratte scese a l’entrare, a l’uscir erte;
  Dentro, confusïon turbida e mischia
  Di certe doglie e d’allegrezze incerte.
Non bollì mai Vulcan, Lipari od Ischia,
  155Strongoli o Mongibello in tanta rabbia:
  Poco ama sé chi ’n tal gioco s’arrischia.
In così tenebrosa e stretta gabbia
  Rinchiusi fummo, ove le penne usate
  Mutai per tempo e la mia prima labbia;
160E ’ntanto, pur sognando libertate,
  L’alma, che ’l gran desio fea pronta e leve,
  Consolai col veder le cose andate.
Rimirando er’io fatto al sol di neve
  Tanti spirti e sì chiari in carcer tetro,
  165Quasi lunga pittura in tempo breve,
Che ’l più va inanzi, e l’occhio torna a dietro


TRIONFO


DELLA CASTITÀ.

 
Quando ad un giogo ed in un tempo quivi
  Dòmita l’alterezza degli dèi
  E degli uomini vidi al mondo divi,
I’ presi esempio de’ lor stati rei,
  5Facendo mio profitto l’altrui male
  In consolar i casi e i dolor mei;
Ché s’io veggio d’un arco e d’uno strale
  Febo percosso e ’l giovene d’Abido,
  L’un detto deo, l’altro uom puro mortale,

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