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DELLA DIVINITA'. | 323 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu{{padleft:406|3|0]]
Ond’io a dito ne sarò mostrato:
95- Ecco chi pianse sempre, e nel suo pianto
Sovra ’l riso d’ogni altro fu beato! -
E quella di ch’ancor piangendo canto,
Avrà gran maraviglia di se stessa,
Vedendosi fra tutte dar il vanto.
100Quando ciò fia, nol so; se fu soppressa
Tanta credenza a’ più fidi compagni,
A sì alto segreto chi s’appressa?
Credo io che s’avicini, e de’ guadagni
Veri e de’ falsi si farà ragione,
105Ché tutti fien allor opre d’aragni.
Vedrassi quanto in van cura si pone,
E quanto indarno s’affatica e suda,
Come sono ingannate le persone;
Nessun segreto fia chi copra o chiuda;
110Fia ogni conscïenza, o chiara o fosca,
Dinanzi a tutto ’l mondo aperta e nuda;
E fia chi ragion giudichi e conosca.
Ciascun poi vedrem prender suo viaggio
Come fiera scacciata che s’imbosca;
115E vedrassi quel poco di paraggio
Che vi fa ir superbi, e oro, e terreno,
Esservi stato danno e non vantaggio;
E ’n disparte color che sotto ’l freno
Di modesta fortuna ebbero in uso,
120Senz’altra pompa, di godersi in seno.
Questi trionfi, i cinque in terra giuso
Avem veduto, et a la fine il sesto,
Dio permettente, vederem lassuso;
E ’l Tempo, a disfar tutto così presto,
125E Morte in sua ragion cotanto avara,
Morti inseme seranno e quella e questo.
E quei che Fama meritaron chiara,
Che ’l Tempo spense, e i be’ visi leggiadri
Che ’mpallidir fe’ ’l Tempo e Morte amara,