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DELLA DIVINITA'. 323

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Ond’io a dito ne sarò mostrato:
  95- Ecco chi pianse sempre, e nel suo pianto
  Sovra ’l riso d’ogni altro fu beato! -
E quella di ch’ancor piangendo canto,
  Avrà gran maraviglia di se stessa,
  Vedendosi fra tutte dar il vanto.
100Quando ciò fia, nol so; se fu soppressa
  Tanta credenza a’ più fidi compagni,
  A sì alto segreto chi s’appressa?
Credo io che s’avicini, e de’ guadagni
  Veri e de’ falsi si farà ragione,
  105Ché tutti fien allor opre d’aragni.
Vedrassi quanto in van cura si pone,
  E quanto indarno s’affatica e suda,
  Come sono ingannate le persone;
Nessun segreto fia chi copra o chiuda;
  110Fia ogni conscïenza, o chiara o fosca,
  Dinanzi a tutto ’l mondo aperta e nuda;
E fia chi ragion giudichi e conosca.
  Ciascun poi vedrem prender suo viaggio
  Come fiera scacciata che s’imbosca;
115E vedrassi quel poco di paraggio
  Che vi fa ir superbi, e oro, e terreno,
  Esservi stato danno e non vantaggio;
E ’n disparte color che sotto ’l freno
  Di modesta fortuna ebbero in uso,
  120Senz’altra pompa, di godersi in seno.
Questi trionfi, i cinque in terra giuso
  Avem veduto, et a la fine il sesto,
  Dio permettente, vederem lassuso;
E ’l Tempo, a disfar tutto così presto,
  125E Morte in sua ragion cotanto avara,
  Morti inseme seranno e quella e questo.
E quei che Fama meritaron chiara,
  Che ’l Tempo spense, e i be’ visi leggiadri
  Che ’mpallidir fe’ ’l Tempo e Morte amara,

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