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FORBICI 157

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:169|3|0]]«Caro amico mio» diss’ella, usando questi termini la prima volta nella sua vita «se uno cui ella fosse legato di affetto e di rispetto le affidasse un incarico per mezzo d’altri, facendole anche dire di non parlarne direttamente a lui, e Lei, eseguito l’incarico, non potesse più servirsi dell’intermediario per informarne il suo amico, gli parlerebbe direttamente malgrado il divieto, o cosa farebbe?»

Mentr’ella parlava lenta lenta, negli occhi del signor Marcello conscio di aver dato appunto quelle istruzioni a don Aurelio, spuntava un sorriso triste.

«Ho avuto torto» diss’egli. «Suppongo che questa passeggiata...»

A un cenno di assenso dell’amica, riprese:

«Ella verrà qua e parleremo, mi perdoni!»

Donna Fedele protestò impetuosamente. Era tanto naturale quel desiderio di silenzio! Ma il signor Marcello insistette più impetuosamente ancora:

«No no, mi perdoni, mi perdoni!»

Ella non ebbe lagrime negli occhi, solo battè un poco le palpebre. Era il primo ritorno, dopo lunghissimi anni, di una intimità contenuta sempre dentro i confini del dovere, ma conscia del dolce segreto chiuso nelle due anime. Il dolce segreto n’era evaporato col volger del tempo. Non ne restava che un’aura diffusa, appena sensibile nell’anima di lui, più viva in quella di lei. Ma ora tornava lenta e irrefrenabile l’onda del ricordare, molto dolce al cuore di donna Fedele, molto triste al cuore del signor Marcello, cui pareva essere in colpa di quella gioventù sfiorita senza nozze, senza maternità. E, per un momento eterno, nessuno dei due potè proferir parola.

La prima a rompere il silenzio fu donna Fedele.

«Capisco tanto il Suo sentimento» diss’ella «in questa cosa.»

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