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SPUNTA L'OMBRA DEL SIOR MOMI | 193 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:205|3|0]]di accennare ai bisogni della sua chiesa, supponendo evidentemente di parlare coll’erede. Finalmente il cappellano, tutto compunto, le aveva chiesto se quel giovine fosse ancora alla Montanina: «Ho risposto di sì» diss’ella «per rabbia e perchè sono dei ficcanaso. Sapevano certo che Alberti è andato via, perchè l’arciprete diventò rosso e il cappellano diventò giallo».
Se donna Fedele avesse saputo che Lelia era stata informata delle voci partite dalla canonica circa gli amori milanesi di Alberti, si sarebbe meglio spiegata quella straordinaria irritazione, un elemento della quale sfuggiva alla coscienza della stessa Lelia. Questa si dolse di non aver fatto subito ciò che intendeva fare adesso: chiudersi nella camera del signor Marcello, non uscirne più che per uscire anche della casa. Tanto, in quella casa, ella non era più niente. Il suo dovere era di stare col signor Marcello fino all’ultimo. Partito il signor Marcello, per lei alla Montanina non c’era più posto. Donna Fedele cercò di richiamarla a riflessioni diverse. Visto che si esasperava, giudicò prudente di non insistere, prese congedo, dicendo che sarebbe ritornata la sera. Lelia non disse di gradirlo, le diede un bacio in silenzio e si avviò alla camera sacra. Donna Fedele non voleva partire senz’avere parlato a Teresina. Non ebbe la forza di andarne in cerca, si lasciò cadere in una poltrona del salone, aspettando che passasse qualcuno. Proprio non ne poteva più. Finalmente udì Giovanni e la cuoca discorrere nella sala da pranzo. Giovanni si affacciò prudentemente al salone per vedere se la conversazione fosse sicura; e così donna Fedele potè far chiamare Teresina, dirle di Lelia che si era voluta chiudere lì dentro, che parlava di allontanarsi subito dopo il funerale.
«Spero che verrebbe da me» diss’ella «almeno per