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NELLA TORRE DELL'ORGOGLIO 207

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:219|3|0]]spaventevole di angoscie affettuose. Ma finalmente! Ma finalmente! Ma, caro Alberti, caro Alberti! Cosa ha fatto? Dove si è cacciato? Perchè è fuggito? Perchè è stato fuori tutto questo tempo? Cosa Le è venuto in mente? Ma non sa come le cose sono andate peggiorando qui? Non sa che sono tutti contro di Lei? Se fosse stato qui, avrebbe potuto difendersi, persuadere, e Lei si eclissa, non se ne sa più niente! Qualcuno ha persino detto ch’Ella era entrato in un convento come il Suo maestro. Chi diceva a Subiaco, chi diceva a Praglia. E non sa questo? E non sa quello? Qui la signora, che professava in teoria un disprezzo mistico del mondo e in pratica si prendeva una scalmana per ogni chiacchiera un po’ salata che le riferissero, raccontò a Massimo le stesse cose, su per giù, che gli aveva riferite l’amico. Quando venne alla più delicata si coperse a due mani il viso quadragenario ed esclamò, fra gemebonda e ridente: «Oh Dio Dio, Alberti Alberti, ma non sa ch’Ella non dovrebbe venire da me, che forse faccio male a riceverla? Non sa cos’hanno avuto il coraggio di dire?»

La signora aveva una cameriera molto bella. Massimo era tanto seccato da quel torrente di ciarle rotto in mille sprazzi, sentì così acuto il ridicolo della situazione, che gli scappò detto:

«Cosa? Forse che vengo per la Sua cameriera?»

La signora rimase un momento interdetta, ma era troppo buona e semplice per offendersi, fu anzi contenta dell’equivoco, non suppose Alberti capace di malignità. Solamente dopo la sua partenza, riflettendo sull’equivoco, si domandò come mai egli avesse notato la gioventù e le grazie della cameriera, si disse nel segreto del suo cuore candido: «guarda on poo!» Allora troncò il discorso con un frettoloso «basta basta basta, meglio non parlarne!». E mise in campo la pro-

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