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220 | CAPITOLO SESTO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:232|3|0]]rettamente al signor Alberti. Io ho le idee di Annie Besant, ma forse non sarei stata lontana dal farmi cattolica se le idee che ho letto negli articoli del signor Alberti fossero state accolte dalla sua Chiesa. Io ero entusiasta di quegli articoli. Credevo che il signor Alberti sarebbe stato un apostolo pieno di fede e pronto al martirio. Invece la sua conferenza mi ha fatto intendere ch’egli non era questo apostolo, che neanche un piccolo rogo freddo era di suo gusto.»
Qui la damigella di casa rise, cercando metter nel riso tutta l’insolenza possibile; e sua madre credette medicare le ferite russe, gemendo, non senza ilarità negli occhi:
«Oh povero Alberti, come me lo maltrattano!»
«Quanto a rogo» disse l’uomo politico, «mi pare anzi che il signor Alberti lo abbia cercato e che in questo momento vi stia proprio sopra. Non sarà il rogo della Santa Inquisizione, sarà un rogo di “bois de sandale” ma però io sento odore di arsiccio. Del resto, signorina Grüssli, ardo anch’io senza il rogo.»
«Oh» esclamò la Grüssli «ma Lei non sa di bruciato, Lei sa di cotto!»
Intanto Alberti pensava: «Non dirò il fatto loro a queste sciocche perchè sono signore? Ancora un po’ e lo dico.» La dama lo apostrofò:
«E Lei, Alberti, non dice nulla! Non si difende?»
«È bruciato!» esclamò allegramente il professore. «Rispettiamo almen le ceneri!»
«No» rispose Massimo, contento di avere trovato una risposta dura. «Non mi difendo. Avrei paura di persuadere. Ho fatto il vuoto intorno a me. Ella non può credere quanto mi sia delizioso di esser solo. Non sento proprio nessun bisogno di difendermi. Mi lasci tacere. Se parlassi, direi forse parole troppo poco umili e troppo poco gentili.»