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NEL VILLINO DELLE SPINE | 285 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:297|3|0]]dele le ebbe domandato: «di chi?». Allora questa indovinò.
«Ma cosa ne sai tu» diss’ella, «delle idee di quella persona?»
«Già!» esclamò Lelia, sdegnosamente. «Con Lei non si può toccarla!»
Donna Fedele scattò, dimentica dell’usata prudenza:
«Se non hai capito il suo sentimento, cara, tanto meno puoi capire le sue idee!»
L’altra mormorò: «Il suo sentimento! Non si è mica suicidato, lui».
Le parole che toccavano storditamente, senza necessità, una corda tanto dolorosa per donna Fedele, la ferirono nel vivo.
«Non si è suicidato!» rispose. «Tu non capisci cosa sia religione e Alberti lo capisce.»
Dopo di che nè l’una nè l’altra parlarono più, neppure per darsi la buona notte.
II.
Poco dopo le undici della mattina dopo, il sior Momi spinse lentamente, riguardosamente, il cancello grande del villino delle Rose. La sua onesta intenzione era di spingere avanti con eguale dolcezza, con eguali riguardi, qualche paroletta che suonasse desiderio di avere la figliuola con sè, ma di non insistervi e sopra tutto di rendersi gradito all’amica e consigliera di Lelia. Non gli passava per la mente di sfoderare con lei i diritti paterni sfoderati coll’amico Molesin. Poichè gli restavano pochi mesi di governo, il suo piano era fatto: appropriarsi in questi pochi mesi il più possibile dei valori mobili della sostanza; fare l’umile e il contrito