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CAPITOLO DUODECIMO.


Intorno a un'anima.


I.


L’ufficio per l’anima del povero signor Marcello doveva cominciare alle dieci. Donna Fedele non era in grado di recarvisi. Aveva scritto a Camin pregando che Lelia le fosse lasciata fino all’indomani. Siccome la formica buona di Santhià si era annunciata solamente per l’indomani, Lelia non aveva voluto saperne di partire dal villino prima del suo arrivo. Nessuna risposta era venuta dalla Montanina. Lelia partì per Velo a piedi, colla cameriera, verso le nove e mezzo.

Sollecitata con insistenza a prender posto accanto a suo padre sulla panca ricoperta di un drappo nero, rifiutò. Si collocò presso la porta maggiore, per essere pronta a uscire appena terminate le esequie. Ma, prima ancora che incominciassero, le si avvicinò, rossa e sorridente, la cognata dell’arciprete, la pregò, con dolce mansuetudine, di recarsi, dopo la funzione, in canonica perchè don Emanuele aveva necessità di parlarle. Fatta l’ambasciata, si ritirò senz’altro. Lelia, assorta in un

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