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22 CAPITOLO PRIMO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:34|3|0]]con emozione così forte da soffocargli, quasi, la voce. Era sopra tutto, lo si sentiva nei sospiri uniti alle parole, emozione di desiderio che la Chiesa potesse avere molti sacerdoti simili a don Aurelio.

La voce di Teresina nel buio:

«Signor padrone, guardi che il signor Alberti sarà stanco.»

«Andate, andate» le disse il signor Marcello, abbastanza pacificamente. «Lo so, lo so, quel che volete. È tutto lo stesso, non mi fa niente.»

«Gesù!» si gemette nel cuore la povera cameriera sbigottita: e non osò insistere.

Massimo fu ora costretto a dire di sè, della sua renitenza a esercitare la professione benchè avesse ormai compiuto e studi e pratica, delle occupazioni che ne lo avevano distratto. Anche qui si figurò che don Aurelio avesse parlato, che il signor Marcello sapesse delle sue conferenze, delle sue pubblicazioni di carattere filosofico-religioso, delle aspre guerre, delle contumelie che si era tirate addosso da diverse parti, della stanchezza di spirito e del desiderio di pace che lo avevano condotto alle solitudini montane di Velo d’Astico.

Il signor Marcello non sapeva e se ne mostrò assai turbato. Strinse nuovamente a sè il capo del giovine.

«Sì sì» diss’egli «stia qui e lasci andare la filosofia. Quei lumicini là nel buio, ecco la filosofia. Chi va intorno la notte con un lume così non vede più le stelle. Ah le stelle, le stelle!»

Massimo osservò sorridendo che quella sera, lumi o non lumi, non si vedevano stelle.

«Oh io le vedo!» esclamò con fuoco il signor Marcello. «Ho visto anche stasera una cara parola che vi è scritta per me! L’ho vista là, là, proprio là!»

Indicò le nubi grigie sopra il nero Torraro. La frase e il gesto furono i soli segni di una lieve sovraeccita-

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