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INTORNO A UN'ANIMA | 331 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:343|3|0]]«Mi risponda!» diss’ella, vibrante. «Non ho ragione di non voler ritornare là? Ha paura che m’imponga a Lei?»
Alle stordite parole rispose un lampo negli occhi di donna Fedele; ma ella era padrona del fuoco ancora vivo sotto le ceneri della sua gioventù.
«So cosa mi volevi dire ieri» ripetè freddamente, battendo le sillabe. «Volevi confessare che lo ami.»
Il momento era mal scelto per queste parole. Lelia sobbalzò corrugando le sopracciglia, come se una mano insolente le avesse sfiorata la guancia.
«No!» diss’ella. «Mai!»
Scattò in piedi fieramente e spinse indietro la sedia che si rovesciò sull’uscio proprio mentre la cugina Eufemia lo apriva pian piano, con grande cautela, recando un vassoio con una tazza di brodo. Il brodo le schizzò sull’abito. «Oh mi povr’om!» gemette la vecchietta. Donna Fedele si sforzò di ridere. Se non rise proprio di cuore, fu però contenta di mostrarsi indifferente alla violenza drammatica di Lelia e anche di poter troncare il dialogo grazie alla presenza della cugina. Trattenne costei che se n’andava già in cerca di altro brodo, le fece togliere dalla scrivania e dare a Lelia una lettera.
«Adesso puoi andare» diss’ella alla vecchietta. Uscita questa, Lelia posò la lettera.
«Leggi» disse donna Fedele.
«Perchè?» rispose la fanciulla. «È inutile.»
«Cosa ne sai?» replicò donna Fedele. «Non è mica di Alberti.»
La lettera era di don Aurelio. Aveva trovato alquante lezioni, per quel verso era contento. Si doleva invece molto di Alberti, partito da Milano senza cercare di vederlo, senza mandargli una parola scritta. N’era stato informato dall’ingegnere Alberti, zio e benefattore di Massimo. A don Aurelio l’atto del giovine pareva un