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INTORNO A UN'ANIMA 341

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:353|3|0]]collegio. E li leggeva? Teresina avrebbe potuto rispondere che non le era capitato mai di vedere nelle mani di Lelia nè Vangeli nè Filotea nè Via del Paradiso. Rispose soltanto: ma!. L’altra, sentendola diffidente e conoscendola pia, mise in tavola una carta grossa, sempre con dolcezza timida. In canonica si sperava che dopo il fatto di quella notte la ragazza andasse presto a confessarsi. In pari tempo si temeva che ne fosse trattenuta da riguardi umani. Specialmente don Emanuele, che conosceva il fatto della notte meglio dell’arciprete, era tanto inquieto, poveretto. Con questo discorso la siora Bettina non aveva pensato affatto a una trappola. Fu però tale per Teresina che ci cascò. Ell’aveva espresso un dubbio circa le intenzioni suicide della signorina. Il dubbio non era sincero e desiderava ella pure, da buona credente, che la signorina si confessasse. Si tradì con un «sicuro!» che le venne dal cuore.

La siora Bettina si raccolse ancora. Trovò questa bella uscita: quanto sarebbe stato meglio che i Trento non si fossero presa la ragazza con sè! Nel suo dolore per la morte del fidanzato, ella si sarebbe probabilmente risolta di uscire dal mondo non come aveva pensato quella notte. Si sarebbe data al Signore.

«Oh mi no credo no, sala!» esclamò per la seconda volta Teresina, risentita per il biasimo indiretto ai suoi padroni vecchi. E perchè non credeva? Ma! quel «ma!» era uno scrignetto pieno di ragioni d’oro e chiuso a chiave. Teresina non lo aperse e la Fantuzzo credette che non lo aprisse perchè vuoto.

«Sarebbe stata una benedizione» diss’ella. Fu per soggiungere: «e potrebb’esserlo ancora», ma si ricordò in buon punto che don Emanuele le aveva prescritto di non avanzarsi troppo. La cameriera espresse il proprio rincrescimento di non potere più oltre trattenersi con lei, causa certe faccende. La siora Bettina si alzò.

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