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UNA GOCCIA DI SANGUE PATERNO | 373 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:385|3|0]]al pio verde senz’alcun sentimento francescano, senza dolcezze mistiche, senza degnare di uno sguardo nè fiori nè foglie. Non sentiva luce divina che nelle tenebre delle proprie architetture di bugie e di male arti in servizio di Dio. Davanti a lui tutte le innocenti anime delle erbe, delle viti, degli alberi si chiudevano. Egli andava per mezzo ad esse come uno sterpo morto, cacciato dal vento, ancora potente a trasmutarsi in erba, in vite, in albero, ma solo passando per la fiamma o, meglio ancora, per la putredine.
III.
Il sior Momi, quando Giovanni gli annunziò la siora Bettina, stava scrivendo alla Gorlago dalla quale si era separato in burrasca per le gelosie di lei a proposito di Teresina. La chiamava il suo «bòcolo» la sua «còcola» la sua «matona» la sua «morbinosa» e anche, scherzando, la sua «sorzona». Le diceva che la famosa Teresina gli aveva lasciato la stanza in disordine e non gli si era ancora fatta vedere, che in quel paese della noia, senza la sua Moma, si sentiva morire. La siora Bettina entrò dietro il domestico che la stava annunciando; per cui il sior Momi ebbe appena il tempo di voltare il foglietto nascondendo la Moma e mostrando il candore di una pagina immacolata. Scattò in piedi, desolato per l’anarchia deplorevole dei propri indumenti, si profuse in deprecazioni alla visitatrice, in rimproveri al domestico. «Per carità! Per carità! Ma Giovanni! Giovanni! In sta figura! In sta figura!» Non avendo nè panciotto nè cravatta, si abbottonò in fretta la palandrana, ne rialzò il bavero. La siora Bettina, al primo vederlo così scollato e con una gran cascata di camicia in vista, era rimasta assai male; ma poichè il