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UNA GOCCIA DI SANGUE PATERNO 375

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:387|3|0]]aperta con una faccia tanto eloquente che la siora Bettina capì, si rannicchiò, con pudico sgomento, in se stessa, si tirò sul viso inorridito il manico dell’ombrellino. La supposizione trasparente dal viso giallo-rossiccio era tanto enorme, tanto sconcia, ch’ella non avrebbe saputo protestare contro di essa, come non avrebbe saputo proferire una parola poco pulita.

«Spero» diss’ella «nella signorina Lelia. Sono venuta per domandarle il permesso di avere con me la signorina Lelia, se sarà contenta.» E ripensando la faccia eloquente del sior Momi, rifece, con qualche lieve mitigazione, la mimica dell’allarme pudibondo. Il sior Momi, confortato, si ripigliò il suo «me rincresse» e lo adattò, non troppo felicemente, alle nuove circostanze.

«Me rincresse che no so se la vorrà vegner.» Si fece indicare la mèta e l’itinerario del viaggetto. Fu molto contento di Monte Berico. Ricordò che anni addietro vi si era recato in pellegrinaggio, in qualità di socio di un Circolo. Non raccontò che era con lui un suo socio di altri affari, uso coprirli egli pure del manto clericale ed espulso egli pure da quel Circolo quando il manto era diventato troppo scarso. Non raccontò che un tale, vedendoli passare sull’erta, aveva detto al suo vicino: «Vèdela quel pelegrin là? Quelo xe una droga!», che allora l’amico aveva mormorato «te si ti» e lui ribattuto «no ciò, te si ti» che avevano continuato «ti ti ti» l’uno «ti ti ti» l’altro, fino alla metà dei portici. Di Castelletto il sior Momi neppure conosceva l’esistenza. Udito della Sacra Famiglia, notato l’imbarazzo della siora Bettina, che per verità non aveva pratica d’infinocchiar la gente e neppure ci aveva gusto, interpretò le sue titubanze come un indizio che il viaggio era coordinato ai pii disegni comunicatigli dall’amico Molesin. Presa l’aria sua più cretina, si gorgogliò un risolino in gola «bona ocasion, bona ocasion,

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