< Pagina:Leila (Fogazzaro).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
432 CAPITOLO DECIMOSESTO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:444|3|0]]mette con un dispaccio per lui. Lo aperse. Era il telegramma di donna Fedele colle parole: sia cristiano e gentiluomo. - Lo intascò senza dir niente e prese congedo da Lelia allegando certe visite da fare a Puria. Prima di partire salì nella propria camera per scrivere a donna Fedele due parole che il fattorino stesso avrebbe recate alla Posta. Scrisse:

Cara mamma Fedele.

Lelia è qui. Forse non meritavo ch’Ella mi ricordasse il dovere di condurmi da gentiluomo. Voglia, La prego, domandare al signor da Camin la mano di sua figlia per me.

Suo
Massimo.

Consegnò la lettera al fattorino e corse a Puria. Intanto l’albergatrice curiosa fece a Lelia grandi elogi di Massimo, coll’intenzione di preparare il terreno a esplorazioni ulteriori. Parlò della sua bontà e anche dell’abilità, della propria speranza ch’egli venisse nominato medico condotto della Valle.

«Lei è forse una parente?» diss’ella.

Invece di rispondere, Lelia chiese il necessario per scrivere.


IV.


Massimo fu di ritorno da Puria quasi due ore più tardi. Nell’andare aveva fatto la strada di corsa. Nel ritorno era venuto lentamente e tuttavia non aveva pensato a contemplare la punta di dolomia. Gli pareva di smarrire il cervello, tanto era, nel suo interno, il tumulto dei pensieri e dei sentimenti. Aveva domandato la mano di una ricca ereditiera senza pensare alla sua

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.