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LA DAMA BIANCA DELLE ROSE 461

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Si teneva sicura che Alberti, appena ricevuto il biglietto, sarebbe partito. Arrivò infatti verso le undici e mezzo. Udito parlare nell’ingresso dell’albergo, Lelia discese. Massimo era molto commosso e si commosse anche più ascoltando la relazione della fanciulla. Discusse con lei la opportunità di vedere donna Fedele subito, se fosse svegliata. Ella non lo credeva opportuno e il giovine si rimise al suo giudizio. Avrebbe voluto prendere il posto di lei all’uscio dell’ammalata, ma perchè la camera dov’ella avrebbe dormito metteva nello stesso corridoio, non insistette nella proposta. Chiese un’altra camera per sè e pregò Lelia di farlo chiamare per qualsiasi evenienza, non tralasciando però di far chiamare anche il medico di Cadate.

Sola nel corridoio scuro, tacendo oramai tutta la casa, Lelia ripensò la vicenda della luce e dell’ombra sulle spume fuggenti, le parole che ne aveva scritto nella lettera interrotta da donna Fedele. Ombra e luce, a vicenda, sulle spume e nei pensieri allora; ieri luce nel suo cuore, oggi ombra. Per lei, per lei sola, donna Fedele era lì a soffrire, forse a morire; per causa di lei, del suo egoistico amore. Le parve quasi di voler meno bene a Massimo. Pianse silenziosamente, mordendosi il labbro per non rompere in singhiozzi. Una sottile voce le diceva bene, in segreto, che donna Fedele avrebbe potuto fare a meno di venire, che non ve n’era bisogno, che andare a Torino sarebbe stato, da parte di lei, miglior consiglio. Ell’avrebbe dato mille ragioni a questa voce se la materna amica fosse venuta in buona salute e con rampogne. Ma era venuta in quello stato e con tanta bontà, con tanta soavità di parole e di volto! E da chi le veniva la sua felicità se non dalla materna amica, per vie aperte da lei? Un’altra cosa Lelia confessò a se stessa. Benchè avesse passato la notte precedente sul letto e questa le toccasse di passarla sopra una sedia,

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