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LA DAMA BIANCA DELLE ROSE 463

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:475|3|0]]parole più appropriate a quell’incontro con un’amica tanto più ammalata di quando si erano lasciati l’ultima volta.

Donna Fedele sorrise.

«Piacere, non so quanto.»

E gli stese la mano ch’egli baciò.

«Ma perchè ha fatto questo viaggio faticoso? Non ve n’era mica bisogno, sa. Come ha potuto dubitare che...»

Massimo era per dire «ch’io fossi cristiano e gentiluomo» le parole del telegramma. S’interruppe e arrossì perchè la parola «cristiano», dopo l’ultima sua lettera alla donna che lo udiva, gli avrebbe bruciate le labbra.

Donna Fedele lo guardò in silenzio con occhi penetranti che lo fecero arrossire più ancora.

«Dipende da te, e da Lelia» diss’ella, «che io abbia fatto la più bella azione di tutta la mia vita.»

Massimo tacque. Non capiva.

«Adesso» diss’egli, uscendo da un silenzio imbarazzante «mi lasci prendere la mia parte di medico.»

L’ammalata negò con un moto lento e lungo dell’indice. Massimo, dolente, ne domandò il perchè. Ella rispose che non aveva bisogno di medico, che la parte del medico la doveva fare ella stessa, sì con lui che con Lelia. Ma non ora. Ora voleva sapere, poichè fra loro si erano intesi, cosa avessero in animo di fare. Udito che Lelia aveva scritto a suo padre e che ne attendeva risposta, osservò che la risposta negativa era sicura e che, risposta o non risposta, la ragazza non poteva rimanere lì.

«Dio mi darà la forza di ricondurla a casa sua» diss’ella «o, almeno per qualche giorno, al villino.»

Allora Massimo le riferì il tenore della lettera di Lelia al padre, la probabilità che la risposta non fosse

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