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LA DAMA BIANCA DELLE ROSE 469

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:481|3|0]]gnate fino a Porto Ceresio. Lelia gli chiese timidamente: «e non fino a Milano?».

Egli le spiegò sottovoce che non era possibile. Il viaggiatore partito da Roma doveva giungere a Porto Ceresio da Milano otto minuti prima che vi arrivassero loro da Lugano. E il piroscafo speciale sarebbe ripartito subito per Oria.

«Non puoi?» disse donna Fedele, che non aveva udito. «Ah!» soggiunse. «Forse per la ragione che mi ha detto don Aurelio.»

Massimo non sapeva ch’ella si fosse incontrata, a Milano, con don Aurelio. Parlarono di lui, del suo povero stato, del suo animo sereno. Donna Fedele riferì le ragioni per le quali egli aveva deliberato di accompagnare la salma.

«Non avrebbero potuto lasciarle in pace a Roma» diss’ella «quelle povere ossa?»

Lelia guardò Massimo, che non rispose.


Verso mezzanotte donna Fedele ebbe ancora un assalto di doglie acutissime. All’alba erano scomparse, ma il medico di Cadate, venuto alle sei, trovò febbre, naturalmente giudicò impossibile il viaggio. Massimo partì dopo le dieci per Porto Ceresio, ripromettendosi di essere di ritorno a Oria, col piroscafo speciale, alle due del pomeriggio. Dal cimitero di Albogasio, dove la salma di Benedetto si doveva tumulare, a San Mamette si viene a piedi in un quarto d’ora.

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