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LA DAMA BIANCA DELLE ROSE 477

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:489|3|0]]posa da un capo all’altro del battello, seguendolo nel suo corso. Poi lo lasciò. Sul nero ciglio di Bisgnago, di fronte al cielo, i fari elettrici ardevano come fiamme di un sublime altare dove si pregasse per le sottoposte valli. Sulla riva di Oria si addensava gente venuta fino da Castello e da San Mamette in attesa della salma. Chi vide di là l’ingrandir lento lento del punto luminoso avanzante da ponente sulle acque nere, i balzi intorno ad esso del raggio argenteo che pareva vegliare sul suo cammino e le fiamme sublimi sulla montagna e l’ansia della folla tacita, ebbe il senso di una solennità misteriosa cui prendessero parte il Cielo e la Terra. Anche sul battello, nell’imminenza dell’arrivo, la gente, senza saper perchè, trepidava. Il parroco diede ordini, il drappo nero fu tolto dalla bara, i giovani discepoli di Benedetto si fecero avanti con Massimo, pronti a sollevarla. Dalla sala di prima classe la donna che pareva una cameriera salì sul ponte, domandò qualchecosa, ridiscese, ritornò su colla signora velata. Si ritirarono ambedue all’estrema poppa. Evidentemente desideravano uscire le ultime. Il battello accostò, furono gittate le passerelle. Sei giovani, dei quali ancora era Massimo, sollevarono la bara. Si udirono alcune voci di comando, di avvertimento, di rimprovero. In breve tutto fu silenzio. Il parroco uscì primo. Dietro il parroco uscì la bara. Seguirono i portatori di ceri. Poi, lentamente, ordinatamente, uscirono gli altri; ultime le due signore. Il tacito corteo si avviò per un portico, un piazzaletto, un primo passaggio tenebroso, un secondo sotto la casa ch’era stata del morto, verso la chiesa: la stessa chiesa dove pochi anni prima don Giuseppe Flores aveva appresa la fuga di colui che ora vi era portato a un umile catafalco per le sue esequie. Le candele dell’altar maggiore ardevano già. La chiesa

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