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54 | CAPITOLO SECONDO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:66|3|0]]La Lúzia approvò subito. «El vade, el vade!» Invece donna Fedele fece «hm!» e sorrise di un sorriso enigmatico che punse la curiosità di Massimo. Ella gli spiegò allora con parecchi altri sorrisi e parecchie reticenze, ch’egli non era affatto sul buon libro di Carnesecca. Carnesecca leggeva i giornali, credeva che Massimo fosse un modernista, uno di coloro che studiano la Bibbia per trovarvi delle falsità, degli errori, delle contraddizioni, delle interpolazioni, mentre per lui tutto vi era scritto dalla mano di Dio. Era molto contento che don Aurelio non avesse simpatia per la critica biblica. Diceva che circa questo punto gli piacevano più gli ebrei di tanti cattolici. Infatti uno degli amici suoi più cari era un rabbino di Londra. Massimo, non occupatosi mai di critica biblica, si divertì molto dell’orrore che ispirava e anche di quest’amicizia col rabbino di Londra. Donna Fedele gli raccontò che Carnesecca aveva passato parecchi anni in Inghilterra, dove si era fatto protestante, e che vi aveva conosciuto un rabbino, uomo di scienza, dal quale aveva appreso come il corpo umano si componga di trecentosessantacinque ossa. Soggiunse, colorendo forse un poco la cosa colla propria fantasia di umorista, che, in seguito al suo martirio di sassate e di legnate cattoliche, Ismaele sosteneva di sentirsene dolere trecentocinquantanove. I due discorrevano così, quietamente, fra i piselli, mentre la Lúzia era intenta a coglierli. A un tratto li scosse la voce di don Aurelio, affacciato a una finestra del suo studio:
«Massimo! Vieni?»
Massimo corse in casa e donna Fedele, mezzo morta di stanchezza, pregò la Lúzia che le portasse fuori una sedia, si dispose ad aspettare lì qualche notizia del messaggio arcipretale.