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82 | CAPITOLO SECONDO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leila (Fogazzaro).djvu{{padleft:94|3|0]]plicò che restare alla Montanina gli era del tutto impossibile. Se don Aurelio non lo voleva ospite in quegli ultimi giorni del suo ministero pastorale, sarebbe ritornato a Milano. Don Aurelio colse l’occasione propizia.
«C’è qualche interesse» diss’egli «per qualche persona, che ti richiama a Milano?»
Massimo negò vivacemente, sorridendo.
«No davvero? Me lo assicuri?»
«No, ecco!» rispose il giovine, porgendogli la mano.
Don Aurelio la strinse.
«Allora» diss’egli «non devi assolutamente dare un tal dispiacere a questo povero vecchio!»
Poichè Massimo resisteva, intuì che qualchecosa di increscioso doveva essere accaduto. Gli domandò se l’avessero offeso le domande della signorina su Benedetto. No, la signorina non sapeva, aveva riferito calunnie di un giornale. - Ma forse ne avevano riparlato dopo, in giardino? - Neppure. - Don Aurelio insistette tanto che Massimo, finalmente, confessò il vero. La signorina non lo poteva soffrire e glielo aveva fatto intendere. Don Aurelio non voleva credere, si fece raccontare le ostilità di Lelia, ben poca cosa a udirle riferire. Ammise che certe cose si vedono poco e si sentono molto. Ottenne a stento che il giovine differisse la sua partenza all’indomani. Poteva partire l’indomani sera, se proprio si confermasse nelle sue impressioni. E gli consigliò una immediata visita di congedo, per ogni evento, al villino delle Rose. Gl’indicò il villino, la casina, rossa come una fragola, sull’orlo del piano di Arsiero che guarda Seghe. Volle che si mettesse in cammino subito, senza rientrare in casa, per esser sicuro di trovare la signora.
Quando lo ebbe perduto di vista, andò diritto dal signor Marcello, ebbe con lui un lungo colloquio; dopo il quale si congedò per ritornarsene a Sant’Ubaldo. Il