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Ai Fabbriceri del Duomo di Piacenza.
La principale parte che per le città si ricerchi si sono i domi di quelle, delli quali appressatosi, le prime cose che all’occhio appariscano sono le porte donde in esse chiese passare si possa.
Guardate, Signori Fabbricieri, che la troppa celerità del volere voi con tanta prestezza dare ispedizione alla locazione di tanta magnia opera, quanto io sento per voi s’è ordinata, non sia cagione che quello che, per onore di Dio e delli omini si fa, non tomi in gran disonore de’ vostri indizi e della vostra città, dove, per essere terra degna e di passo, è concorso d’innumerabili forestieri. E questo disonore accaderebbe quando per le vostre indiligenzie voi prestasti fede a qualche vantato[re] che per le sue frappe o per favore che di qua dato li fussi, da voi avessi a impetrare simile opera, per la quale a sè e a voi avessi a partorire lunga e grandissima infamia; che non posso fare che io non mi iscrucci a ripensare quali omini sieno quelli che con me abbino conferito volere in simile impresa entrare, sanza pensare alla loro soffizienzia, sanza dirne altro: chi è maestro da boccali, chi di corazze, chi campanaro, alcuno sonaglieri, e insino a bombardiere, fra i quali uno del signore s’è vantato che tra l’essere lui compare de Messere Ambrosio ferrere che à qualche commessione, dal quale lui à buone promessioni, e se quello non basterà, che