< Pagina:Leonardo prosatore.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
34

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Leonardo prosatore.djvu{{padleft:38|3|0]] senili: «Le vene maggiori crescano in lunghezza e s’attorcigliano a guisa di biscie; il fegato privo di sangue si disecca e fassi al modo di crusca congelata, si che sfregato si disfa come segatura, le vene del fiele e dell’ombelico rimangono tutte spogliate della materia d’esso fegato, a uso della meliga o saggina quando n’è spiccati li grani». Aneurismi e fleboliti: «pietre grosse come castagne, di colore e forma di tartufi, over di loppa o marogna di ferro, e avevan sacchi appiccati alle dette vene a forma di gozzi». Procede per via di paragoni, cosa in Lui insolita, dovendo descrivere cose insolite; paragoni di potente rudezza.

Ma la prosa scientifica di Leonardo non culmina nell’enunciazione o nella dimostrazione di leggi, e neppure nella descrizione dei fenomeni osservati, ma dove il suo spirito, estatico dinanzi alla natura che gli si svela, s’abbandona a un vero rapimento lirico.

Leonardo lirico! Si, poichè ormai ognun sa che poesia e prosa non sono che distinzioni puramente formali, e che si può avere schietta poesia in prosa, e schietta prosa in versi.

Addito uno dei passi mirabili per fantasia grandiosa e per sentimento di stupore infinito, quasi religioso, passo che precorre in certo modo una delle più alte liriche italiane, l’ode «A una conchiglia fossile» dello Zanella. Dinanzi a un fossile colossale, scoperto da Lui entro le viscere d’un monte, vive nella sua commossa fantasia la visione delle età preistoriche: vede il gran mostro sconvolgere il mare e fulminare con la furia del-

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.