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LETTERE

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lettere (Andreini).djvu{{padleft:175|3|0]]d’Amore, temo ben di voi, nè credo, ch’egli mi potesse mai vincere; e se altramente ei crede, ne faccia la prova. Fatemi voi libero, e poi venga il fiero, con quel su’arco, tanto dall’altrui sciocchezza stimato, e vegga, se potrà mai ferirmi. Potranno ben di nuovo piagarmi gli occhi vostri, i quali senza dubbio, son quelli, che mantengono l’imperio ad Amore. Egli senza la virtù loro, non havrebbe nè Monarchia, nè nome. Sò ben io quanto son possenti quei begli occhi, e quanto più vò innanzi, tanto più conosco l’estrema lor forza, laqual in breve è per ridurmi a morte, se voi pietosi, e benigni ver me non li girate: ma quando ciò non mi sia lecito disperare, mi si conceda almeno, per gloria vostra, e per contento mio, di morir loro avanti, accioche, s’io non potei ottener uno sguardo cortese in vita, impetri almeno una lagrima pietosa in morte.


Della gelosia feminile.

B

EN mi diceste voi, che quella mano bella sì; ma ladra, m’havrebbe anche un giorno di nuovo fatto prigione. Lasso me, io sento più che mai da lei annodato questo infelice cuore, e ben conosco, che ne’ tristi presagi, voi siete pur troppo verace; nè m’è giovato il vantarmi, e ’l giurare, che con intrepida mente, sarei fin’alla morte vissuto libero dalle amorose passioni. Ah che l’esperienza del proprio male non ha potuto farmi à bastanza giuditioso, & accorto; ma


    perche

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