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la terza strofa 355

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lettere d'una viaggiatrice - Serao, 1908.djvu{{padleft:362|3|0]]mentre si è avuto freddo la notte; bisogna trascinarsi dietro un carico di bauli e di valige, come per un viaggio di esplorazione, in paesi deserti; bisogna passare per grandi città e per paeselli, là fermarsi, qui passare avanti, seguire un itinerario minuzioso e non scevro d’intoppi. Esse sono così lontane e così alte, le montagne, bisogno del nostro sangue smorto, dei nostri nervi frizzanti, dei nostri muscoli torpidi: e per raggiungerle, bisogna bruciarsi il sangue, tendere i nervi, chiedere uno sforzo ai muscoli: alte, alte, lontane, lontane! Quando l’ultimo treno ferroviario vi ha deposto ai loro piedi, o, al più, alle loro prime falde, in un piccolo paese già fresco, già pieno di soffii alpestri, vi tocca aspettare qualche ora, colà, in un mondo d’iniziazione che, ancora, non vi seduce: e, più tardi, per lunghe ore monotone, una carrozza vi deve trasportare, in su, in su, per vie singolari, fra contrafforti di rocce, ora brulle, ora coperte di verdura; lungo i torrenti ora raramente attraversati da un filo d’acqua, ora spumanti sul greto, lungo il corso bizzarro di un fiume, ora largo e imponente, ora sottile

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