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dans venise la rouge 73

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nobile, in una veste di seta avorio, a pieghe antiche, che la veste come un peplo, e le maniche sembrano delle ali, donde viene, costei tutta sola, in gondola? E dove vanno, queste due donne, squisitamente acconciate, che attendono, senza impazienza, sulla veranda, che la gondola si accosti, per sollevare le loro gonne fluide di merletti e di veli, per mettervi il piedino sottile, per sdraiarvisi, per partire, per sparire? Chi sa! E niuno può sapere, neanche, ed è inutile sapere, anche, poichè, sempre, sempre, delle gondole arrivano e partono, con donne giovini, con bimbi, con uomini dall’occhiello infiorato, poichè è una lenta teoria, lontana, prossima, di gondole dal gran ferro lucido, che avvinghia i nostri cuori. Si canta, laggiù. Dei violini, delle chitarre, dei mandolini, musica molto mite che si prolunga nell’aria cheta: e, alternativamente, una voce di donna, una voce di uomo, cantano, delle canzoni di amore e di dolore: qualcuna, più allegra; qualche pezzo delle opere più popolari. Non è un canto squisito, non è un canto perfetto che viene dalla grande barca illuminata, intorno a cui si sono aggruppate delle gondole, ferme, a udire: ma è singolarmente gradito,


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