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LETTERA TERZA



Signor giudice gentilissimo, rimettetevi la vostra toga, il vostro berretto, sedete, ed ascoltatemi. Non più qual accusato, ma qual difensore a voi mi presento questa sera.

Il signor Guill. . . . non volge più neppure uno sguardo di compassione sopra di me: egli mi crede già forse tra la perduta gente. Parla ora d'Alfieri, conviene far silenzio: zitto, zitto, ascoltiamo.

Verosimile sembrerà a chiunque conosca i movimenti e gli artificj del cuore umano, che Alfieri dopo d’aver letto l'Alcesti d'Euripide si credè capace di pareggiare, e forse di superare il poeta greco, trattando il medesimo soggetto alla maniera greca. Egli pensò che se fosse vissuto al tempo de' Greci, avrebbe potuto eccitare la meraviglia degli Ateniesi, come l'aveva

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