< Pagina:Lettere sulla Alceste seconda (Bettoni 1808).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
38 lettera quarta

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lettere sulla Alceste seconda (Bettoni 1808).djvu{{padleft:40|3|0]] la condotta, di questa tragedia d’Alfieri esser doveva adattata al gusto della Grecia qual si trovava a quel punto; nè è a marivigliarsi se egli non è il nostro, e se non sappiamo nè prender interesse, nè trovar credibile e grandioso quello stesso che avrà vivamente affetto il greco teatro, e avrà da lui meritato ogni applauso. Ciaschedun secolo ha il proprio gusto relativo ai rapporti di sua religione, di sua cultura, de'suoi costumi. Interessa in un tempo, e trovasi conveniente e grande ciò che trasportato assai posteriormente, incoveniente si troverebbe e basso fino a muover le risa. Così gli Dei d'Omero si strapazzano tra loro con garbo niente più dignitoso di quel che faccia tra noi la più vile canaglia, nè ciò disdiceva allora, e veggonsi li suoi Eroi divorarsi d’ottimo sapore un cervo od un montone arrostito allo spiedo nello stesso punto che preso, senza che in ciò vi sia niente di basso, e mille altre cose di tal natura, le quali se si replicassero adesso, inverosimili si troverebbero e contrarie al decoro del Pubblico.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.