< Pagina:Lettere sulla Alceste seconda (Bettoni 1808).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

lettera sesta 67

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lettere sulla Alceste seconda (Bettoni 1808).djvu{{padleft:69|3|0]]

Inesprimibil gioja nel vederti
Di me sì pieno, ancorché scevro affatto
D'ogni speme di me! Troppo tu m'ami;
E il tuo feroce giuramento il prova.

No, gli stessi contemporanei d’Euripide non avrebbero perdonato al nostro Alfieri la dura prova, a cui Ercole assoggetta il disperato Adméto. Era valoroso non inumano Ercole, ed aveva un cuore: Onfate può dirlo. Il variar de'tempi e de'costumi di poco modifica, a differenza delle altre passioni, quella dell’amore.

Dopo questi brevi cenni sulla condotta del dramma, molti altri potrei aggiungerne sui caratteri, sulla poesia, sul verso e sulla mesta armonia, che lo governa, ma ciò troppo lungi mi trarrebbe. Io penso, che quel tragico componimento raccoglier debba non i soli suffragi della lettura, ma anzi son d’avviso, che rappresentato convenevolmente, immancabile sarebbe l’effetto sugli spettatori. Se la nostra Fiorilli Pelandi, onore delle scene italiane, che in sì mirabil modo possede l'accento delle passioni, e se altri valenti attori sostenessero le parti di quella tragedia, se

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.