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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Loti - Pescatori d'Islanda.djvu{{padleft:40|3|0]]spaventevole. Essi si affrettavano per difendersi dal cattivo tempo. Tra loro le distanze aumentavano, si perdevano rapidamente di vista. Le onde increspate continuavano a corrersi dietro, a riunirsi, ad aggrapparsi le une alle altre per diventare sempre più alte, scavando vuoti sempre più profondi.

Da qualche ora tutto era sconvolto in questa regione così calma il giorno prima, e il silenzio si era trasformato in un clamore infernale.

Le nuvole finivano di spiegarsi nell’aria, venendo sempre dall’ovest, sovrapponendosi rapidamente, oscurando tutto.

A mezzogiorno la Maria aveva del tutto presa la sua andatura di cattivo tempo; i suoi boccaporti chiusi e le vele ripiegate, andava molle e leggera, in mezzo al disordine degli elementi. In alto il ciclo era diventato interamente scuro; quasi una volta chiusa, schiacciante, con una tinta di carbone che qua e là stendeva delle macchie informi, sembrava una cupola immobile; grandi masse grige si affrettavano a passare, rimpiazzate, incessantemente, da altre che venivano dal fondo dell’orizzonte, tinture di tenebre aggomitolandosi come un rotolo senza fine... La Maria fuggiva come fosse inseguita dagli spettri, saliva per la forza delle ondate, senza scosse, come se il vento l'avesse portata, e la sua ridiscesa si assomigliava a quel sussulto che si prova nelle cadute simulate o in quelle immaginarie dei sogni. Ogni ondata ne portava dietro un’altra più grande, che si drizzava tutta verde, avendo quasi fretta di avvicinarsi furiosa, come se dicesse: «Aspetta che io ti prenda e t’inghiotti» .

.... Tutta questa tenebrosa ridda di elementi si accelerava sotto un cielo sempre più nero, in mezzo ad uno strepito sempre più assordante...

Bisognava vegliare; la Maria, quell’anno, aveva passato

la sua stagione nella parte più occidentale delle peschiere d'Islanda; questa fuga nell’Est dunque rappresentava buona parte di strada fatta per il ritorno.

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