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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Loti - Pescatori d'Islanda.djvu{{padleft:42|3|0]]che era sopraggiunta, passava così in linea orizzontale, e questo insieme soffiava, solcava, feriva atrocemente. Essi restavano tutti e due alla sbarra, attaccati e tenendosi fermi, vestiti delle loro incerature che erano dure e lucenti come pelle di pesce-cane; le avevano ben strette al collo con delle cordicelle incatramate, strette anche fortemente ai polsi ed alle caviglie per non lasciar passare l'acqua. La pelle delle loro guance bruciava ed essi avevano la respirazione corta. Dopo ogni grande massa di acqua caduta, si guardavano sorridendo a causa di tutto quel sale ammassato nelle loro barbe. In breve però quella lotta aspra doveva diventare una fatica estrema. Il furore degli uomini e delle bestie si esaurisce presto - bisogna subire invece lungamente quello delle cose inerti, furore senza meta, misterioso forse come la vita o la morte.
Jean-François de Nantes;
Jean-François!
Jean-François!
Lo loro labbra ripetevano ancora il ritornello, ma fiocamente. L'eccesso di movimento o di strepito li aveva resi ubbriachi, i loro occhi sotto le palpebre brucianti, restavano fissi in una atonìa selvaggia. Ribaditi alla loro sbarra compirono la faticosa manovra meccanicamente, essi non si vedevano più. Erano solamente coscienti di essere affianco l’uno dell'altro, non pensavano più, nè a Gaud, nè ad alcuna donna: nè ad alcun matrimonio; sembravano trasformati in due colonne di carne, irrigidite, quasi simili a due bestie vigorose aggrappate per istinto ad un ultimo e tenuissimo filo di vita.