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di Tito Lucrezio Lib. II. | 75 |
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Anch’elle i proprj moti a gli occhi nostri.
Poichè sovente in un bel colle aprico
450Le pecore lanute a passi lenti
Van bramose tosando i lieti paschi,
Ciascuna ove la chiama, ove l’invita
La di fresca rugiada erba gemmante;
E vi scherzan lascivi i grassi agnelli
455Vezzosamente saltellando a gara:
E pur tai cose, se da lungi il guardo
Vi s’affissa da noi, sembran confuse,
E ferme, quasi allor s’adorni, e veli
Di bianca sopravveste il verde colle.
460In oltre allor che poderose, e grandi
Schiere di guerra in simolacro armate
Van con rapido corso i campi empiendo,
E su prodi cavalli i cavalieri
Volan lungi dagli altri, e furibondi.
465Scuoton con urto impetuoso il campo;
Quivi splende la terra, e l’aria intorno
Arde tutta, e lampeggia, e sotto i piedi
De’ valorosi Eroi s’eccita un suono,
Che misto con le strida, e ripercosso
470Da’ monti in un balen s’erge alle stelle:
E pur luogo è ne’ monti, onde ci sembra
Starsi nel campo un tal fulgore immoto.
Or via da quinci innanzi intendi omai,
Quali fian delle cose i primi semi,