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di Tito Lucrezio Lib. II. 83

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  Sia ciò, ch’è molle, di rotondi, e lisci
  665Semi composto, nondimen fra loro
  Doloriferi corpi anco son misti,
  Nè per ciò fa mestier, che siano adunchi,
  E l’un l’altro intrigati, ma piuttosto
  Debbon, benchè scabrosi, esser rotondi;
  670Acciò che insieme agevolmente scorrere
  Possano al basso, e lacerarne i sensi.
  Ma perchè tu più chiaramente intenda
  Esser misti co’ lisci i rozzi, e gli aspri
  Principi, ond’ha Nettuno amato il corpo;
  675Sappi, che dolce aver da noi si puote
  L’acqua del mar, purchè per lungo tratto
  Di terra sia colata, e caggia a stille
  In qualche pozza, e placida diventi;
  Posciacchè a poco a poco ella depone
  680Del suo tetto veleno i semi acerbi;
  Come quelli, che ponno agevolmente,
  Stante l’asprezza lor, fermarsi in terra.
Or ciò mostrato avendo, io vo’ seguire
  A congiunger con questo un’altra cosa,
  685Che quindi acquista fede; ed è, che i corpi
  Di lor materia variar non ponno
  Mai le figure in infinite guise:
  Che se questo non fosse, alcuni semi
  Già dovrebbon di novo a’ corpi misti
  690Apportar infinito accrescimento.

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