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di Tito Lucrezio Lib. II. 85

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  Di ridente lepor cosperse intorno,
  Da novelli colori oppresse, e vinte
  720Giacerebbero omai; nè della mirra
  Saria grato l’odor, nè del soave
  Mele il sapore, e l’armonia de’ Cigni
  Ed i carmi Febei sposati al suono
  Di cetra tocca da Dedalea mano
  725Foran già muti; conciossiachè sempre
  Nascer potriano alcune cose al mondo
  Più dell’antiche preziose e care,
  Ed alcun’altre più neglette e vili
  Al palato, a gli orecchi, al naso, a gli occhi
  730Il che falso è per certo, ed ha la somma
  E dell’une, e dell’altre un fin prescritto:
  Ond’è pur forza confessar, che i semi
  Forme infinite variar non ponno.
  Dal caldo al fine alle pruine algenti
  735È finito passaggio; ed all’incontro
  Per la stessa ragion dal gelo al foco;
  Poichè finisce e l’uno, e l’altro; e posti
  Sono il tiepido, e il fresco a loro in mezzo
  Adempiendo per ordine la somma.
  740Distanti dunque le create cose
  Per infinito spazio esser non ponno;
  Perchè hanno d’ogni banda acute punte,
  Quind’infeste alle fiamme, e quinci al ghiaccio.
Il che mostrato avendo, io vo’ seguire

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