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di Tito Lucrezio Lib. II. 89

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  De’ nascenti fanciulli il funerale;
  Nè mai notte seguio giorno, nè giorno
  Notte, che non sentisse in un confuso
  Col vagir di chi nasce il pianto amaro,
  830Della morte compagno, e del feretro.
Abbi in oltre per fermo, e tieni a mente,
  Che nulla al Mondo ritrovar si puote,
  Che d’un genere sol di genitali
  Corpi sia generato, e che non abbia
  835Misti più semi entro se stesso; e quanto
  Più varie forze, e facoltà possiede,
  Tanto in se stesso esser più specie insegna
  D’atomi differenti, e varie forme.
  Pria, la terra contiene i corpi primi,
  840Onde con moto assiduo il mare immenso
  Si rinova da i fonti, i quai sossopra
  Volgono i fiumi: ha, donde nasce il foco,
  Perchè acceso in più luoghi il suol terrestre
  Arde; ma più d’ogni altro è furibondo
  845L’incendio d’Etna: ha poi, donde le biade,
  E i lieti arbusti erga per l’uomo, e donde
  Porga alle fiere per le selve erranti
  E le tenere frondi, ei grassi paschi;
  Ond’ella sol fu degli Dei gran Madre
  850Detta, e madre de’ bruti, e genitrice
  De’ nostri corpi; e ne cantaro a prova

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