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100 | di Tito Lucrezio Lib. II. |
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Perchè in oltre i colori esser non ponno
Senza luce, e la luce unqua non mostra
La materia svelata a gli occhi nostri;
1125Quindi lice imparar, che i primi semi
Non son velati da nessun colore.
E qual colore esser potrà giammai
Nelle tenebre cieche, il qual si cangi
Nel lume stesso, se percosso splende
1130Con retta luce, o con obliqua, o mista?
Così piuma, che il collo, o la cervice
Di vezzosa colomba orni, e coroni,
Or d’acceso rubin fiammeggia, ed ora
Fra cerulei smeraldi i verdi mesce;
1135E così di pavone occhiuta coda,
Qualor pomposo ei si vagheggia al Sole,
Cangiando va mille colori anch’ella,
I quai, posciachè pur son generati
Solo allor che la luce urta ne’ corpi,
1140Non dei stimar, che senza questo possa
Ciò farsi, e perchè l’occhio in se riceve
Una tal sorta di percosse allora
Ch’ei vede il bianco, e senza dubbio un’altra
Da quella assai diversa, allorch’ei mira
1145Il nero, e qualsivoglia altro colore.
Nè quale abbian color punto rileva
I corpi, che si toccano; ma solo
Qual più atta figura: onde ne lice