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106 | di Tito Lucrezio Lib. II. |
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Non che sentir; nè può la mano, od altra
1285Parte del corpo esser da lui divisa,
E per se stessa conservare il senso;
Poichè tosto ogni senso ella rifiuta
Dell’altre membra: onde riman, che solo
A gl’interi animali abbian simile
1290L’essenza, acciò che d’ogn’intorno possano
Sentir con vital senso. Or come adunque!
Potran chiamarsi genitali corpi,
E la morte fuggir, mentre pur sono
Animali ancor essi, e co’ mortali
1295Viventi una sol cosa: il che se pure
Esser potesse, non farian giammai
Dall’union divisi altro che un volgo,
Ed una turba d’animai nel mondo;
Come certo non ponno alcuna cosa
1300Gli uomini generar, le fiere, i greggi,
Quando uniti fra lor piglian sollazzo
Venereo, altro che fiere, uomini, e greggi
Che se forse del corpo il proprio senso
Perdendo, altro ne acquistano, a che fine
1305Dessi loro assegnar ciò ch’è lor tolto?
In oltre ancora, il che scansammo avanti,
Perchè veggiam, che de’ crestati augelli
Si cangian l’ova in animati polli,
E di piccioli vermi il suol ribolle,
1310Allorchè per tempeste intempestive