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112 di Tito Lucrezio Lib. II.

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  E della Luna or mezza, or piena, or scema
  L’argenteo lume, e i vivi rai del Sole.
  Che s’or primieramente all’improvviso
  Rifulgessero a noi quasi ad un tratto
  1450Post’innanzi a’ nostr’occhi, e qual potrebbe
  Cosa mai più mirabile chiamarsi.
  Di queste? o che giammai la gente innanzi
  Men di credere osasse? A quel, ch’io stimo,
  A nessun, più che a te, parsa sarebbe
  1455Degna di maraviglia una tal vista.
  E pur già sazio, non che stanco, ognuno
  Del soverchio mirar, non degna a i templi
  Risplendenti del Cielo alzar più gli occhi.
  Onde non voler tu, solo atterrito
  1460Dalla sua novità, la mia ragione
  Correr veloce a disprezzar; ma prendi
  Con più fino giudizio a ponderarla;
  E se vera ti par, consenti, e taci:
  Se no, t’accingi a disputarle incontro,
  1465Poichè sol di ragion l’animo è pago.
  Essendo fuor di questo nostro mondo
  Spazio infinito, l’animo ricerca
  Ciò ch’egli sia, fin dove può la mente
  Penetrare a veder; dove lo stesso
  1470Animo può spiegar libero il volo.
Pria, se ben ti rammenta, in ogni parte,
  A destra, ed a sinistra, e sotto, e sopra

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