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114 | di Tito Lucrezio Lib. II. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:142|3|0]]
1500Il luogo apparecchiato, e nulla manca,
Debbon le cose generarsi al certo.
Or se dunque de’ semi è tanto grande
La copia, quanto a numerar bastevole
Non è degli animai l’etade intera,
1505E la forza medesma, e la natura
Ritengono i principj atta a lanciarli
In tutti i luoghi nell’istessa guisa
Che fur lanciati, in questo egli è pur d’uopo
Confessar, ch’altre terre in altre parti
1510Trovinsi, ch’altre genti, ed altra specie
D’uomini, e d’animai vivano in esse.
S’arroge a ciò, che non è cosa al Mondo,
Che si generi sola, e sola cresca;
Il che principalmente in ogni specie
1515D’animai può veder chiunque volge
La mente a contemplarle, ad una ad una.
Posciachè sempre troverà, che molti
Son simili tra loro, e d’una razza.
Così veder potrai, che son le fere
1520Che van pe’i monti, e per le selve errando:
Così l’umana, prole; e finalmente
Così de’ pesci gli squamosi greggi,
E tutt’i corpi de’ rostrati augelli.
Ond’è pur forza confessar, che il Cielo,
1525Per la stessa ragion, la terra, il Sole,
La Luna, il mare, e tutte l’altre cose