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122 | di Tito Lucrezio Lib. III. |
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„Lasciate ogni speranza, o voi, ch’entrate.
Nè può la terra proibir, che tutte
45Non si mirin le cose, che pe’l Vano
Ci si fan sotto i piedi, ond’io rapirmi
A te mi sento da cotal divino
E diletto, e stupor, che la natura
Sol per tuo mezzo in cotal guisa a tutti
50D’ogni parte svelata omai si mostri.
E perchè innanzi abbiam provato a lungo,
Quali sian delle cose i primi semi,
E con che varie forme essi pe ’l Vano
Per se vadano errando, e sian commossi
55Da moto alterno, e come possa il tutto
Di lor crearsi, omai par, che dell’anima
Dichiarar la natura, e della mente
Ne’ versi miei si debba; e il rio timore
Delle squalide rive d’Acheronte
60Cacciarne affatto, il qual dall’imo fondo.
Turba l’umana vita, e la contrista,
E sparge il tutto di pallor di morte;
Nè prender lascia alcun diletto intero.
Perchè quantunque gli uomini sovente
65Dican, che più son da temersi i morbi
Del corpo, e della vita il disonore,
Che le tartaree grotte, e che ben sanno;
Che l’essenza dell’anima consiste
Nel sangue, e che non han bisogno alcuno