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di Tito Lucrezio Lib. III. 123

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  70Di mie ragioni, a te di quindi è lecito
  Dedur che molti per ventosa, e vana
  Ambizion di gloria, ed a capriccio
  Van di quel millantandosi, che poi
  Non approvan per vero: essi medesmi
  75Esuli dalla Patria, e dal commercio:
  Degli uomini cacciati, e sozzi, e laidi
  Per falli enormi, a tutte le disgrazie
  Finalmente soggetti il viver bramano;
  E dovunque infelici il piè rivolgono,
  80Fanno esequie dolenti, e nere vittime
  A’ Numi inferni del profondo Tartaro
  Sol per placargli in sagrificio offriscono;
  E sempre in volto paurosi, e pallidi
  Ne’ duri casi lor, nelle miserie
  85Alla religion l’animo affissano.
  Nè dubbiosi perigli è d’uopo dunque
  A gli uomini por mente, e nell’avverse
  Fortune, chi desia, che i loro interni
  Sensi gli sian ben manifesti, e conti;
  90Poichè allor finalmente escon le vere
  Voci dell’imo petto, e via si toglie
  La maschera, e scoperto il volto appare.
  In somma l’avarizia, e degli onori
  L’ingorda brama, è, che i Mortali sciocchi
  95Sforza a passar d’ogni giustizia il segno,
  E d’ogni empie misfatto anche talvolta

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