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di Tito Lucrezio Lib. III. 125

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  Statue invaghito, e l’odio della vita,
  125E del Sole, e del giorno appo i mortali
  Co’l timor della morte è misto in guisa,
  Che ancidon se medesmi, e dentro al petto
  Se ne dolgono intanto; e non rammentansi,
  Che sol questa pauca è delle noje
  130L’origin prima questa è, che corrompe
  Ogni onesto pudor: questa i legami
  Spezza dell’amicizia; e questa in somma
  Volge sossopra la pietade, e tosto
  Dalle radici la divelle e schianta.
  135Conciossiacchè già molti hanno tradito
  E la Patria, e i parenti, e i genitori
  Sol per desio di non veder gli orrendi
  Templi sagrati al torvo Re dell’Ombre.
  Poichè siccome i fanciulletti al bujo
  140Temon fantasmi insussistenti e larve;
  Sì noi tal volta paventiamo al Sole
  Cose, che nulla più son da temersi
  Di quelle, che future i fanciulletti
  Soglion fingersi al bujo, e spaventarsi.
  145Or si vano terror, sì cieche tenebre
  Scuoter bisogna, e via scacciar dall’animo
  Non co’ bei rai del Sol, non già co’ lucidi
  Dardi del giorno a saettar poc’abili
  Fuorchè l’ombre notturne, e i sogni pallidi;
  150Ma co’l mirar della natura, e intendere

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