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138 | di Tito Lucrezio Lib. III. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Lucrezio e Fedro I.djvu{{padleft:166|3|0]]
475E degna degli Dei vita non viva.
Così fatta natura è sparsa adunque
Pe ’l corpo, e ’l custodisce, e lo conservar
Poichè l’anima, e ’l corpo han le radici
Sì strettamente avviticchiate insieme,
480Che impossibil mi par, che possan l’une
Dall’altre esser divelte, e che il composto
Ratto a morte non corra. E quale appunto
Mal si può dall’incenso estrar l’odore
Senza ch’ei pera, e si corrompa affatto;
485Tal dell’alma, e dell’animo l’essenza
Mal diveller si può dal nostro corpo
Senza ch’ei muoja, e si dissolva il tutto:
Così fin dall’origine primiera
Create son d’avviluppati semi
490Le predette nature, ed han comune
Fra lor la vita; nè capir si puote,
Come nalla sentir possano i corpi
Dalle menti divisi; o pur le menti
Separate da i corpie ond’è pur d’uopo,
495Che di moti comuni, e quinci, e quindi
Per le viscere a noi s’accenda il senso.
In oltre non si genera, nè cresce
Mai per se stesso il corpo;, e d’alma privo
Tosto s’imputridisce, e si corrompe.
500Poichè quantunque il molle umor dell’acque
Perda sperso il sapor, che gli fu dato,