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di Tito Lucrezio Lib. III. | 139 |
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Nè per ciò sia distrutto, anzi rimanga
Senz’alcun danno; non per tanto i corpi
Non son bastanti a sofferir, che l’alma
505Si parta, e gli abbandoni; ma convulsi
Muojon del tutto, e fansi esca de’ vermi.
Poichè fin da principio, anco riposti
Nelle membra materne, e dentro all’alvo
Hanno i moti vitali in guisa uniti,
510E scambievoli i morbi il corpo, e l’alma,
Che non può l’un dall’altra esser diviso
Senza peste comun. Tu quindi adunque
Ben conoscer potrai, che se congiunta
La causa è di salute, è d’uopo ancora,
515Che unita sia la lor natura, e l’essere.
Nel rimanente poi, se alcun rifiuta,
Che senta il corpo; e crede pur’, che l’alma
Sparsa per ogni membro abbia quel moto,
Che senso ha nome, egli per certo impugna
520Cose veraci, e manifeste al senso,
Che chi mai potrà dire, in che consista
Del corpo il senso, altri che il senso istesso,
Che sol n’addita, e ne fa noto il tutto?
Nè qui fia chi risponda: il corpo privo
525D’anima resta anco di senso ignudo;
Posciach’egli, oltre a ciò, molte altre cose
Perde, senz’alcun dubbio, allor che lunga
Età l’opprime, e lo converte in polve.